Cala il gelo in aula quando entrano accusa e difesa; a quattro mesi dall'ultima udienza del processo a carico di Alessia Pifferi, accusata di avere lasciato morire di stenti la figlia di 18 mesi e dopo l'avvio di un'inchiesta parallela da parte dello stesso PM a carico dell' avvocata della trentottenne di due psicologhe, da lui accusate di falso e di favoreggiamento, neanche uno sguardo tra l'avvocata Pontenani ed il PM De Tommasi. In aula, lo psichiatra forense espone l'esito della perizia super partes che certifica la capacità della Pifferi di intendere e di volere e bolla come inappropriato il lavoro delle psicologhe del carcere di San Vittore che avevano valutato la capacità cognitiva dell'imputata simile a quella di una bambina di 7-8 anni, aggiungendo poi, come a suo avviso, ci sia stata un'amplificazione dei suoi disturbi. "Invece, i miei consulenti dicono tutt'altro. Alessia vuole che tutta Italia sappia che non voleva uccidere la bambina". L'udienza è stata rinviata al 15 marzo; una richiesta alla quale si era opposto il PM De Tommasi che nell'indagine parallela per favoreggiamento e falso aveva chiesto una proroga, ipotizzando una presunta rete criminale a cui apparterrebbero altre due psicologhe. In aula, il PM ha poi tacciato come falso il presunto abuso subito dalla Pifferi quando era minore. "L'avevo letta la perizia, le avevo già sentite queste cose parlando un po' di persone che non ci sono più che per cui non possono neanche ribattere ovvero: mio papà e questo presunto amico". In concomitanza col processo, si è tenuto anche lo sciopero dei penalisti indetto dalla camera penale a cui ha aderito l'ordine degli avvocati di Milano per protestare contro i metodi dell'inchiesta parallela e chiedere al procuratore capo un suo intervento. "Non è usuale vedere un PM che indaga sull'avvocato di una delle parti in causa. Bisogna accendere un riflettore, bisogna aprire gli occhi perché il diritto di difesa è sacro".