"Per la famiglia queste sono ferite che non si rimarginano mai, ma anche per per uno Stato, diciamo, un sedimento di sfiducia resta ed è difficile ricomporre completamente i rapporti, almeno finché non sarà ricostruita la verità". Paolo Gentiloni non ha dubbi: una frattura c'è stata, ancora non sanata, nonostante i rapporti tra Italia e Egitto siano ripresi. L'allora Ministro degli Esteri ripercorre i giorni del sequestro di Giulio Regeni, racconta della scarsa collaborazione da parte dell'Egitto, delle difficoltà incontrate dall'ambasciatore nel comunicare con le autorità del Cairo. Ricorda i tentativi di sviare le indagini, i clamorosi depistaggi, settimane di riluttanza. "Quella vicenda ha trasformato un rapporto che era un rapporto di grande collaborazione sull'immigrazione, sulla lotta al terrorismo, eccetera, in un rapporto congelato. Non è una cosa condivisibile che rapporti di questo genere tornino completamente alla normalità, ma un'incrinatura nella fiducia nei rapporti bilaterali come quella che si è verificata in quei giorni deve lasciare una traccia". E la verità resta ancora da definire, per questo è stata ascoltata in videoconferenza Maha Abdel Rahman, la tutor di Giulio Regeni a Cambridge. "Ero devastata dalla notizia della morte del ricercatore", dice. Spiega di non aver mai saputo di eventuali contatti di Giulio con il Governo inglese. Risponde alle domande, poi chiede una sospensione: "posso interrompere, per favore?" Ha bisogno di consultarsi con il suo legale, sintomo della delicatezza di una vicenda che si sta tentando di ricostruire udienza dopo udienza.