Torino torna a riprendersi il ruolo di capitale italiana dell'auto, anche se solo per pochi giorni ma lo fa in un periodo da 50 sfumature di grigio tendenti al nero per l'industria a quattro ruote. Succede infatti che negli ultimi giorni prima Volvo rinuncia al target di essere full electric dal 2030, poi BMW che taglia le stime di crescita per i venti contrari al settore, fino a Volkswagen che cancella l'accordo sull'occupazione delle fabbriche tedesche. Tre decisioni dettate dalla stessa motivazione, una politica industriale che ha puntato parecchio o tutto a seconda dei marchi sulla svolta elettrica, ma che deve fare i conti con la realtà di un mercato scarico. E a questa congiunzione astrale, che va detto subito, non terminerà a breve, bisogna aggiungere Torino che non è soltanto un nome come cantava Venditti, ma un grande coro di persone che si interroga se il comparto automotive sabaudo posso avere, non dico un futuro, ma perlomeno un presente stabile. Già, perché la produzione a Mirafiori segna un drammatico meno 83%, alla fine di agosto nello stabilimento Stellantis si erano prodotte 18500 auto, l'anno scorso erano state 52mila e la cassa integrazione arriverà almeno fino al 14 ottobre. E allora ci vuole un grande coraggio e tanto amore per l'auto per riportare a Torino un evento che lasciato il parco Valentino torna nel cuore della città, nelle sue splendide piazze. Una kermesse gratuita con oltre 80 marchi che presentano le loro ultime novità. E non potevano mancare le case made in China, con BYD, MG e soprattutto Dongfeng, sbarcato con tutto il suo stato maggiore a Torino che per ora gela gli entusiasmi di spinge per avere presto un loro stabilimento in Italia. Tornando al salone ci sarà tanto ... con auto storiche iconiche e modelli rarissimi e poi lo spazio dedicato ai maestri di stile italiano, con quei nomi che il tutto il mondo ci invidia, come Pininfarina, Bertone e Giugiaro.