Chi stabilisce quando un’imbarcazione è a rischio e deve essere soccorsa? Da quale normativa sono regolati i soccorsi in mare? Tante le domande sul soccorso marittimo, mentre il dramma dei migranti continua nel cuore del Mediterraneo. E non si placano le tensioni sul ruolo delle ONG. Ci sono convenzioni e leggi internazionali che definiscono diritti e responsabilità. Si parla, in questi mesi, e costantemente, di acque territoriali, di miglia nautiche, di centri di coordinamento. La Convenzione di Amburgo del 1979, e la convenzione SAR, regolano l’obbligo di soccorso in mare e l’istituzione di centri di coordinamento search and rescue, ovvero salvataggio e ricerca. Quando la Guardia costiera, che ha ruolo di centro di coordinamento, riceve una segnalazione di pericolo, ha l’obbligo di coinvolgere l’assetto navale più vicino, e le linee-guida dell’organismo internazionale marittimo assegnano al responsabile dell’operazione di soccorso la valutazione sul migliore utilizzo dei mezzi impegnati. Sempre la Convenzione di Amburgo, poi, stabilisce che le persone soccorse devono essere portate nel porto sicuro più vicino. È prerogativa del governo vietare l’accesso di una nave. È invece obbligo del centro di coordinamento portare a termine l’operazione di soccorso fino al porto di sbarco. Tutto l’insieme delle norme e degli usi è tale, però, da non consentire che obblighi e divieti rendano più difficile, o impediscano il salvataggio in mare.