Ogni strage porta con sé un mistero, ogni delitto politico contiene un messaggio o forse più messaggi indirizzati a chi dovrebbe intendere e si rimane smarriti dietro la morte indiscriminata, al dolore innocente, inflitti perché qualcuno capisca chissà cosa. L'attentato del 2 agosto ha una verità giudiziaria raggiunta nelle aule di tribunale dopo oltre 25 anni di processi, in un labirinto di condanne, assoluzioni, rinvii, riaperture, sentenze definitive. Come tutte le trame complicate, anche questa ha bisogno di un po' di attenzione e di sintassi pulita. La Cassazione ha stabilito che gli autori del massacro sono stati Giuseppe Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, che nel 1980 era minorenne, aiutati e supportati da Gilberto Cavallini, tutti e quattro terroristi neofascisti già colpevoli di altri omicidi. Ma nel gomitolo intricato delle carte processuali (più di un milione di pagine) si trovano tanti fili disordinati, magari messi lì apposta o appena afferrati. Uno di questi fili ha portato a un'altra certezza processuale: le prime indagini sulla strage sono state volutamente depistate. Gli investigatori sono stati tratti in inganno da falsi indizi costruiti ad arte da chi invece avrebbe dovuto aiutare nella ricerca dei responsabili. Anche qui c'è una condanna definitiva nei confronti di due funzionari del servizio segreto SISMI, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte, e di un faccendiere come Francesco Pazienza e di Licio Gelli, venerabile maestro della loggia massonica P2. La sentenza parla di calunnia aggravata da terrorismo ed eversione. In pratica, all'inizio del percorso di indagini, i due agenti, ispirati da Gelli, organizzano un'operazione denominata “terrore sui treni” che è una totale messinscena, pura fiction si direbbe. Una valigia piena di esplosivo lasciata lì, nella toilette di seconda classe del treno Taranto - Milano e fatta ritrovare agli inquirenti apposta per suggerire: “vedete? Il botto del 2 agosto è stato solo il primo atto di una strategia del terrore, ne arriveranno altri e i responsabili vanno cercati tra i neofascisti”. Questa favolaccia di Gelli e dei suoi viene portata alla luce pochi anni dopo, con tutto il suo groviglio di ambiguità, anche perché nel frattempo è stata scoperta la lista degli appartenenti alla loggia P2. Dentro ci sono politici, banchieri, giornalisti, magistrati, imprenditori, militari. È una storia nella storia, uno spin-off che porta lontano nel tempo e nello spazio, che però rischia di confonderci e allontanarci dalle verità, ma che è necessario tenere a mente perché, se ogni strage porta con sé un mistero, ogni delitto avviene in un contesto e talvolta è proprio il contesto che diventa protagonista.