"Frigerio era un soggetto vulnerabile, aveva dei deficit cognitivi perché era un soggetto cerebroleso, questo è l'altro dato certo. E c'era la TAC. Cerebroleso". E poi, quella traccia ematica sul battitacco dell'auto di Olindo che l'accusa ritenne prova regina per l'ergastolo. Quella macchia di sangue non c'è mai stata. Fabio Schembri non lascia tregua, snocciola uno dopo l'altro i motivi per cui secondo lui il caso va riaperto. È la seconda udienza a Brescia della revisione del processo a Rosa Bazzi e Olindo Romano, già condannati all'ergastolo con una sentenza passata in giudicato nel 2011 per la strage dell'11 dicembre 2006 a Erba, in provincia di Como. Quella sera nella corte di Via Diaz persero la vita tre donne e un bambino. L'unico sopravvissuto, Mario Frigerio, divenne il super testimone d'accusa. Il ricordo falsato, il primo vero ricordo di Frigerio, dice Schembri, è un volto sconosciuto, scuro di carnagione. Il suo trauma e l'esposizione al monossido di carbonio hanno causato, certificano i consulenti, quella che si definisce amnesia anterograda: si ricorda meglio subito che dieci giorni dopo l'avvelenamento. E poi il miraggio uditivo, quello dei figli del super testimone, custodi delle confidenze del padre che avrebbero sentito solo quello che volevano sentire. "La percezione è importante. Che cosa ha detto? Salame o letame? Ci sono delle assonanze. Se io so di ricercare salame, sentirò salame. Se invece altro ricerca letame, sente letame, e questo è". Sono immagini forti che scuotono. Devono convincere i giudici che la dinamica della strage sia, conclude la difesa, incompatibile con Rosa e Olindo. "Le prove vanno valutate, perché se poco poco tu le tocchi e ti metti dentro la prova, con l'atteggiamento umile di chi vuole capire, tu ti rendi conto che questo mondo frana".