Lui è Rosario, tassista da 27 anni con un passato di tanti altri mestieri. Vive a Napoli, legge molti libri e nel periodo clou del Coronavirus non si è sottratto ai suoi doveri in quanto lavoratore nel servizio pubblico essenziale. Saliamo in taxi con lui per scoprire il mondo dei tassisti e com'è cambiato il loro lavoro con il Covid. “Di solito nel taxi si chiacchiera, quindi è un po' una chiacchierata quella che stiamo facendo. Di solito è il tassista che fa parlare il cliente o no?” “A volte è anche tutto il contrario, almeno a me capita che, a volte, faccio da passgoal ai miei clienti. Voglio dire, si mettono belli seduti e, a volte, a qualcuno, scherzando, abbasso anche il sedile e loro raccontano.” “E adesso con il Coronavirus?” “Con il Coronavirus la gente non parla, è incazzata e nervosa con queste mascherine. Si sente costipata, mi spiego? Che poi, secondo me, avviene anche una costipazione mentale, di conseguenza, rispetto a tutta questa situazione. Innanzitutto è cambiato proprio in termini economici, abbiamo avuto veramente un calo che va dal 70 all'80% ed è cambiata anche la continuità e questo, psicologicamente, è un danno per un tassista perché, alla fine, ci sono stati mesi in cui abbiamo lavorato solamente 8 giorni.” “Aiuti dallo Stato?” “Aiuti dallo Stato niente, zero! Abbiamo una promessa di questi 2 mila euro da parte del governatore, però niente ancora, niente, niente, niente!” “I guadagni?” “I guadagni, per esempio, stamattina ho fatto un turno intero di lavoro, sempre un giorno solo perché domani faccio festa, e ho incassato 52 euro lorde, 30 euro nette.” Ma di cosa hanno bisogno i tassisti? “Io questo lavoro me lo sono scelto, è un lavoro che prima amavo e amo ancora. A me non piace tutto quello che poi accade, il non essere mai riconosciuti per il servizio che facciano.” “In che senso?” “Nel senso che, voglio dire, senza nulla togliere ai medici e agli infermieri eroi, ma anche noi in pieno Covid abbiamo trasportato gente avanti e indietro. Mi spiego che cosa voglio dire?”.