La trattativa tra Stato e mafia, ammesso che ci sia stata, non sarebbe un reato. È questo che la seconda sezione della Corte di Appello di Palermo ha sancito pronunciando la sentenza di secondo grado nel processo sulla presunta trattativa, assolvendo, di fatto, chi, secondo l'accusa, l'aveva favorita e fattivamente effettuata. Ovvero gli ex ufficiali del ROS Mario Mori, Giuseppe De Donno ed il generale Antonino Subranni, assolti perché, hanno stabilito i giudici, il fatto non costituisce reato. Dunque i tre avrebbero fatto solo il loro lavoro. Assolto anche l'ex senatore di Forza Italia Marcello Dell'Utri per non aver commesso il fatto. Ridotta la pena al boss Leoluca Bagarella che passa da 28 a 27 anni di carcere. Confermata invece quella dell'altro boss alla sbarra, Antonino Cinà, condannato a 12 anni. In primo grado le pene inflitte agli assolti erano pesanti: 12 anni a Mori, Subranni e Dell'Utri, 8 a De Donno. L'ex braccio destro di Silvio Berlusconi era stato definito il trait d'union tra la mafia e la politica. Adesso dice: "Giustizia è fatta, mi hanno gettato addosso valanghe di fango e sono stato, alla fine, assolto". Dell'Utri ha scontato una condanna, passata in giudicato, a 7 anni e mezzo di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. La Procura non commenta, aspetta di leggere le motivazioni della sentenza. Una sentenza che ha, di fatto, ribaltato quasi completamente il verdetto e acceso più di una spia sullo svolgimento delle indagini di quella che è una delle pagine più oscure della storia del nostro Paese.