Andrij vive a Napoli da tanti anni, ma è originario dell'Ucraina. Studia all'Università Federico II dove in questi giorni così difficili, studenti russi e ucraini, insieme, hanno partecipato a un flash mob per la pace. Lui, 20enne, era in Ucraina dai parenti quando è scoppiata la guerra, è scappato appena in tempo. "Venerdì mattina mi ricordo che la mia prima sveglia è stata il suono delle sirene, non è stata quella del cellulare. Chiuso in una bolla come se, non lo so, sta succedendo un qualcosa che per te non è nemmeno reale." I suoi familiari sono rimasti lì, alcuni letteralmente bloccati in casa. "Non possono uscire di casa, figuriamoci se possono lasciare il Paese, quindi stanno lì e stanno pregando e stanno sperando che non vengono colpiti. Perché ora come ora non puoi nemmeno sperare che vada meglio perché effettivamente nel momento in cui stai, diciamo sotto invasione di un'altra Nazione, di certo non speri più che vada bene, ma speri semplicemente che ti svegli il giorno dopo." Anastasia che studia a Napoli da anni, a Donetsk non c'è più tornata da quando è iniziata la guerra del Donbass. È da lì che è dilagato il conflitto, a febbraio, fa parte della minoranza di lingua russa, ma rifiuta l'idea che questa sia una guerra civile. "Sono due popoli che hanno la stessa cultura, stessa etnia, stesse tradizioni, c'è poca differenza sostanzialmente; che oggi si trovano divisi questo è una sofferenza a prescindere, nei confronti di tutti anche perché, quello che a cui ci tengo io, è che la popolazione civile non debba pensare che adesso è una guerra tra di noi direttamente, è una guerra al di fuori che riguarda altre questioni, di cui riguarda questioni politiche. Noi dobbiamo, comunque, cercare di rimanere fratelli tra di noi, come sempre è stato fatto. Perché la mia generazione è stata cresciuta così.".