Rapidi pungi-dito a prelievo venoso, più o meno affidabili, più o meno costosi. La gamma dei test sierologici, uno dei pilastri della fase due, è ampia, ma l'accessibilità è ancora ridotta. Cioè in Lombardia hanno in sostanza la possibilità di farlo prioritariamente solo il personale sanitario, le persone in quarantena fiduciaria che non hanno ricevuto un tampone. A tutti il test dice se si ha incontrato il virus e soprattutto se si sono sviluppati gli anticorpi. L'importanza è quella di conoscere la prevalenza nella popolazione di coloro che hanno avuto un contatto, un contagio con questa maledetta bestia. E questo è fondamentale perché sappiamo in questa maniera quanti soggetti sono suscettibili alla malattia nel momento in cui abbiamo la seconda parte dell'informazione, cioè sappiamo se l'avere fatto gli anticorpi protegge o non protegge dalla malattia. Insomma, non è uno strumento di diagnosi e neppure una patente di immunità, ma senza dubbio un'indagine per capire quante persone hanno già avuto il virus, magari in maniera asintomatica senza saperlo, anche tra il personale sanitario stesso. E' il motivo per cui sono in molti a chiedere di poterli fare, a partire dalle aziende, avvalendosi di laboratori privati convenzionati per avere un quadro della salute dei propri dipendenti. Ed è quello che sta già facendo l'Università Bicocca di Milano su tutti i propri dipendenti, su base volontaria attraverso uno studio epidemiologico. Dobbiamo farlo ora, prima si fanno questi studi e meglio è. All'inizio della fase due dobbiamo essere sicuri che gli asintomatici positivi stiano a casa. Il mio obiettivo è quello sia di prendermi cura della mia comunità, attraverso lo studio di ricerca, ma soprattutto di evitare che membri della mia comunità siano veicoli di contagio verso i più deboli e fragili.