Aiuti Ue, tutti i nodi del Recovery Fund

19 lug 2020
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Tre punti il recovery fund del cuore del piano di aiuti europei anticrisi che creano maggiori attriti, c'è la questione di quanti soldi debbano avere la forma di sussidi e quanti di prestiti. Nel primo caso si tratta di denari elargiti gratuitamente, il secondo, invece, i quattrini andranno restituiti, sebbene fra molti anni. Spostare l'asticella verso gli uni o gli altri, cambia di molto le cose. I cosiddetti paesi frugali: Olanda, Danimarca, Austria, Svezia, premono per dare meno risorse a fondo perduto, riducendo così il peso sul bilancio comune. È vero che a questa cassa contribuiscono di più le maggiori economie, tra cui l'Italia, ma è anche vero che noi potremo risultare tra coloro che riceveranno più soldi di quanti ne verseremo. C'è da dire che per racimolare le centinaia di miliardi di cui si l'Europa dovrà comunque emettere titoli del debito, che finirà per gravare sulle finanze di tutti gli stati, anche quelli con i conti a posto. Ma resta cruciale la questione del bilancio. Legato al budget europeo, un altro tema caldo, quello degli sconti, in inglese rebate, si tratta di rimborsi fiscali di cui godono quei paesi che usufruiscono in maniera ridotta di determinati fondi. Nati negli anni '80 su richiesta del Regno Unito che usava poco le risorse per l'agricoltura nel tempo si sono estesi e il club dei rigoristi, ora ne vorrebbe di più. Un altro scoglio riguarda la governance, ovvero le regole su come controllare la distribuzione dei fondi, che sia la Commissione o il Consiglio Europeo a dirigere le operazioni non è una questione meramente politica, vista la composizione delle due istituzioni. Ma c'è di più, perché i Paesi Bassi chiedono non solo che le risorse siano elargite a patto di realizzare le riforme, ma anche che le decisioni siano prese all'unanimità non a maggioranza come vuole l'Italia, per cui basterebbe un solo veto per chiudere il rubinetto. Infine c'è la questione delle condizionalità legate allo stato di diritto. Cioè si vorrebbe che i soldi vadano solo a chi rispetta leggi e valori europei. Nel mirino soprattutto Ungheria e Polonia, che hanno diversi contenziosi aperti con Bruxelles.

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