"Milano vicino all'Europa. Milano che banche, che cambi..." Quando cantava "Milano che fatica" Lucio Dalla non poteva pensare a quello che sarebbe successo tanti anni dopo. Lo scorso 10 aprile Alfa Romeo presentava al mondo la piccola di casa e decideva di chiamarla Milano, come omaggio alla città dove il 24 giugno del 1910 nacque il Biscione. Cinque giorni dopo la clamorosa marcia indietro, la macchina si chiamerà Junior per evitare ogni forma di polemica e perché il primo interesse di Alfa sono i clienti, come ribadisce il ceo Jean-Philippe Imparato. Ma da cosa è dipeso il dietrofront? Da una frase del Ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, che il giorno dopo la presentazione dichiara che un'auto chiamata Milano non si può produrre in Polonia, perché una legge del 2003 chiamata "Italian sounding" prevede che non bisogna dare indicazioni che inducano in errore il consumatore. Ora, va detto che questa legge andava a difendere soprattutto la filiera del cibo italiano, vedi il caso principe del Parmesan cheese che impazza all'estero, e tecnicamente sarebbe stato difficile applicarla a un auto prodotta all'estero ma da un'azienda che è comunque italiana. Quindi perché addio a Milano? Il motivo forse è chiaro, Alfa vuole stemperare la tensione perché il Governo mostra apertamente di non gradire le strategie industriali del numero uno di Stellantis. Quel Carlos Tavares molto restio ad aumentare la produttività nelle fabbriche italiane e che parlando dell'allora Milano, affermava che il prezzo di €30.000 era possibile proprio perché veniva costruita in Polonia altrimenti in Italia sarebbe costata €10.000 in più. Che succederà ora? Il gesto distensivo di Alfa potrebbe essere una buona base per far partire i famosi incentivi, annunciati per marzo ma che ancora non si vedono e che sarebbero una mano santa per un mercato che ha iniziato molto male il 2024. E poi, visto che la pubblicità è l'anima del commercio, chissà che tutto questo can-can non finisca per spingere la Junior, ma lo sapremo presto.