Mentre il cantiere pensioni torna in piena attività alla ricerca di soluzioni alternative dopo lo scadere di Quota 100 per evitare il secco ritorno alla Legge Fornero e all'uscita di vecchiaia a 67 anni già oggi le norme permettono, ad alcuni lavoratori, di andare in pensione in anticipo, a 64 anni, ma a determinate condizioni. La prima: essere stati assunti e aver cominciato a versare i contributi dal 1996, cioè dall'entrata in vigore della Riforma Dini che ha introdotto il regime del calcolo contributivo con l'importo dell'assegno legato a quanto versato. Secondo requisito: avere almeno un minimo di 20 anni di contribuzione. Terzo: la pensione maturata dovrà essere superiore a 2,8 volte l'importo dell'assegno sociale, a conti fatti circa 1.290 euro al mese. È chiaro che questo meccanismo non è per tutti ma un traguardo che può essere raggiunto da chi ha percepito negli anni stipendi medio-alti. Una possibilità offerta dal regime contributivo che premia, insomma, chi ha guadagnato di più. Per questo nel programma di riforma delle pensioni proposto unitariamente da CGIL, CISL e UIL, con l'obiettivo di evitare penalizzazioni ai redditi più bassi, si chiede di ridurre sensibilmente a 1,5 volte rispetto all'assegno sociale, il vincolo sugli importi minimi per accedere a questa opzione.