Il bonus mamma spetta a tutte le donne extracomunitarie regolarmente soggiornanti in Italia. Lo ha stabilito la Corte d’appello di Milano, respingendo il ricorso dell’INPS contro un’ordinanza del tribunale. La misura è in vigore dall’anno scorso. Si tratta di un assegno una tantum da 800 euro versato per ogni nascita o adozione. L’INPS, fissando i requisiti per la domanda, aveva stabilito che per averne diritto le donne straniere dovessero essere in possesso di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato oppure essere titolari di uno status di rifugiato o di protezione sussidiaria. Una distinzione che la legge istitutiva del bonus non prevedeva e che tagliava fuori molte donne in possesso solo di un permesso di soggiorno temporaneo per lavoro o motivi di famiglia. In totale, circa 25.000 mamme. Questa esclusione è stata considerata discriminatoria dalle associazioni che hanno fatto ricorso, alle quali ora hanno dato ragione due gradi di giudizio. Le stesse associazioni adesso si augurano che l’INPS si adegui, chiuda il contenzioso senza ricorrere in Cassazione, anche perché, proprio a seguito della prima sentenza del tribunale di Milano, l’Istituto ha deciso di erogare la cifra a tutte le neomamme, comprese, dunque, quelle escluse in un primo momento, precisando però che il pagamento avviene con riserva. In pratica, l’INPS potrebbe richiedere indietro i soldi qualora la giustizia dovesse dargli ragione e se si dovesse ricorrere in Cassazione per una sentenza definitiva potrebbero servire degli anni. L’allargamento della platea delle donne aventi diritto a chiedere il bonus comporterà dei costi tutto sommato contenuti, che il Presidente dell’INPS, Boeri, ha quantificato in 18 milioni di euro all’anno, su un esborso totale di 320 milioni.