Caro benzina, i possibili aiuti del governo

14 apr 2024
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Il recente aumento dei prezzi della benzina, in modo particolare in autostrada, dove i distributori pagano importanti royalties, sta già imponendo un forte aggravio per gli automobilisti e una possibile escalation in Medio Oriente potrebbe appesantire la situazione. Il tema è come sempre il forte numero di distributori in Italia rispetto al resto d'Europa, un confronto che rende particolarmente vulnerabile il nostro paese agli shock dei prezzi del petrolio, data la sua estesa rete distributiva e la conseguente esposizione alle fluttuazioni dei costi di approvvigionamento. La composizione del prezzo della benzina nel nostro paese rivela inoltre un vero e proprio mosaico di imposte e costi, così del prezzo finale di un litro di benzina sono solo circa 60 i centesimi che coprono la materia prima mentre la restante parte è divisa tra IVA, accise e costi di distribuzione e trasporto, ed è proprio su quest'ultima componente che si potrebbe intervenire attraverso la cosiddetta accisa mobile, una leva fiscale che può aiutare a mitigare alla pompa gli aumenti del prezzo del petrolio sul mercato globale. Le condizioni per l'attivazione della accisa mobile dipendono dalle medie dei prezzi del Brent. Con un prezzo medio previsto per il 2024 a 75,6 € al barile e con l'attuale media degli ultimi due mesi a quasi 79 € a barile è chiaro che il mercato stia già anticipando una volatilità dei prezzi che potrebbe permettere l'attivazione di questa valvola di sicurezza. La riduzione delle accise, già testata con il governo Draghi nel marzo 2022, ha mostrato come un taglio di 30 centesimi al litro può portare ad un risparmio tangibile per i consumatori, pur gravando sul bilancio dello Stato con nove miliardi di euro. Tale misura sebbene onerosa ha permesso di contenere temporaneamente i prezzi alla pompa, dimostrando che interventi mirati possono avere un effetto benefico immediato. La distribuzione degli sconti carburanti basata sul reddito evidenzia però una realtà più complessa, la questione è che tali aiuti rischiano nuovamente di finire alle fasce di reddito più ricche, come successo in passato, quando dei nove miliardi spesi solo tre finirono nelle tasche del 50% più povero dei beneficiari.

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