Il Draghi-pensiero su lavoro e welfare

05 feb 2021
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Mario Draghi nel 2015 si era definito al settimanale Die Zeit un socialista liberale, ma nel concreto, quali misure sociali potrebbe portare avanti un suo Governo? Il Draghi pensiero è sfaccettato, è stato per esempio tra i promotori della stagione delle privatizzazioni negli anni '90, mentre negli anni della crisi del debito ha difeso i tagli ai bilanci pubblici, argomentando che la buona austerity potesse portare alla crescita. Una strategia in realtà successivamente messa in discussione. Ha firmato insieme a Trichet la famosa lettera della Bce inviata al governo italiano nell'estate 2011, in cui si raccomandavano tra l'altro la riforma delle pensioni, poi attuata con la legge Fornero e possibili taglia agli stipendi dei dipendenti pubblici, ma è anche vero che dal 2014 in poi ha chiesto insistentemente ai Paesi europei di aumentare la spesa pubblica per ridurre la disoccupazione e si è sempre dichiarato per una crescita attenta all'ambiente che non umili le persone. All'arrivo della pandemia è stato tra i primi a prescrivere un forte aumento del debito pubblico per salvare aziende e posti di lavoro. Ma nelle ultime settimane ha messo in guardia i governi. Così alti livelli di spesa non sono più sostenibili. Bisogna essere selettivi e ha raccomandato di non sussidiare più la cosiddetta aziende zombie che cioè falliranno non appena chiusi i rubinetti degli aiuti. Nel concreto, dunque, la gestione del blocco dei licenziamenti e della cassa integrazione potrebbero mostrare qualche segno di discontinuità. Draghi, d'altronde in 42 soli discorsi tra 2011 e 2019, ha evocato la necessità di riforme per stimolare la crescita. E tra queste compare sempre quella del mercato del lavoro. La proposta di Draghi, la Flex Security per non proteggere i posti di lavoro, ma i lavoratori e dunque ridurre gli ostacoli, licenziamenti e creare percorsi di formazione per chi perde l'impiego anche perché, a suo dire, il sistema di welfare europeo che paga molte persone per non lavorare, ha fatto ormai il suo tempo, ma in un mondo globalizzato le misure nazionali non bastano. Lo sappiamo. Per questo nel 2019, ha avvertito del rischio della concorrenza globale al ribasso dei regimi fiscali, dei diritti sociali a causa delle multinazionali che influenzano la regolamentazione dei singoli paesi, con la minaccia di ricollocarsi altrove. Un problema a cui Draghi una soluzione l'ha data nei fatti. Non il sovranismo nazionale, ma quello europeo.

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