Si entra nella sede di lavoro, si timbra e si procede alla vestizione. Successivamente, ci si reca dal preposto per la presa in servizio. Nonostante il linguaggio burocratico, è tutto abbastanza chiaro. I dipendenti dell’AMA, la società municipale che gestisce i rifiuti di Roma, devono mettere tuta, scarponi e mascherina durante l’orario di lavoro. La faccenda, che a prima vista sembrerebbe di poco conto, non lo è in queste ore di emergenza, con cassonetti della spazzatura stracolmi e con uno scontro politico in corso. Il cosiddetto “tempo tuta”, cioè 10 minuti a inizio turno e 15 a fine giornata, dedicato alla vestizione, è da alcune settimane compreso nell’orario di lavoro e finisce per mangiarsi le due ore in più a settimana per le quali i netturbini hanno ottenuto 120 euro lordi di aumento al mese. Un ritocco di stipendio, a fronte del passaggio dell’orario settimanale da 36 a 38 ore, che vale per tutta la categoria a livello nazionale, ma che nella città più grande d’Italia e con il maggior numero di netturbini assume connotati caratteristici, visto che la busta paga diventa più pesante senza che, effettivamente, aumentino le ore passate a spazzare le strade o a svuotare i cassonetti. La regola generale, che nella Capitale è stata derogata, è che bisogna indossare la tuta prima di entrare in servizio. A Roma, invece, grazie all’accordo firmato a marzo tra AMA, società del Comune e sindacati si deve fare dopo aver timbrato. Il “tempo tuta” è di 25 minuti al giorno che, moltiplicato per 5 giorni, raggiunge quota 2 ore e 5 minuti in una settimana. Non solo, quindi, non si raggiungono le 38 ore di servizio, ma si torna al vecchio orario. Anzi, a essere precisi, qualcosina in meno.