Mentre Lega e Movimento 5 Stelle continuano a lavorare per cercare un’intesa che faccia nascere il Governo, lo spread rialza la testa. Vale la pena ricordare cosa sia, ovvero la differenza tra il rendimento di un titolo decennale di un paese dell’Eurozona, l’Italia in questo caso, e quello omologo del Bund tedesco, preso come punto di riferimento proprio perché considerato il titolo del debito sovrano più sicuro. In sostanza, lo spread è il termometro che misura il grado di affidabilità di un paese. Oggi questa forchetta si è allargata. C’è da dire, però, che questo incremento è anche legato a quanto accade altrove, in particolare nell’obbligazionario americano. Oggi investire sul Bond decennale USA rende oltre il 3 per cento, un livello che non si vedeva dal 2011 e che anticipa un’aggressiva politica di rialzo del costo del denaro della Banca centrale americana. Detto ciò, il contesto italiano è tutt’altro che semplice. Se prendiamo in considerazione alcuni indicatori come Pil, disoccupazione, debito e deficit, siamo il fanalino di coda dell’intero continente europeo. Quindi, sebbene non si trovi ancora a livelli allarmanti, se lo spread sale occorre prestarvi attenzione. Non è un caso che, a fine settembre dell’anno scorso, si portò intorno ai 163 punti base, preoccupato proprio dei dati sulla crescita del debito pubblico, che toccò il record a 2.300 miliardi di euro. L’Italia è stata anche molto aiutata dalla cura della Banca centrale europea. Con il rialzo dello spread di questi giorni, i mercati forse temono che, finite le medicine della politica di tassi bassi e non convenzionale con cui Draghi ha aiutato il sistema finanziario ed economico europeo, il nostro Paese si ritrovi più malato di prima, in un clima di forte incertezza politica che, di certo, non sta aiutando.