Tra pubblico e privato, oggi le persone in smart working dopo le prime prove di rientro sono ancora circa 4 milioni. Una soluzione da più parti apprezzata che potrebbe non rientrare con la fine dell'emergenza Covid, anzi diventare in qualche modo strutturale e che però ha anche un rovescio della medaglia. Il primo a lanciare l'allarme era stato il Sindaco di Milano, Giuseppe Sala, osservando i grattacieli di importanti gruppi finanziari rimasti in gran parte vuoti. Nella giornata tipo degli impiegati, infatti, a saltare sono molte abitudini. La macchina rimane in garage, non si prende più l'autobus. Considerando solo il calo nei trasporti pubblici, l'Anav, l'associazione di settore, parla di una contrazione dei ricavi per 1,7 miliardi a fine 2020. Saltano anche cappuccino e brioche al bar, la pausa pranzo fuori ufficio. Secondo Confesercenti incassi che se ne vanno per 250 milioni di euro al mese, ma anche le mense aziendali non se la passano bene. L'Osservatorio sulla ristorazione collettiva Oricon si perderà il 40% del giro d'affari. Di 210 milioni di pasti l'anno ne verrà servito solo la metà. A rischio 20000 posti di lavoro. Problemi anche per gli addetti alle pulizie, solo in parte compensati dalle frequenti operazioni di sanificazione. L'Anip, l'associazione di categoria, vede un anno che chiuderà con un meno 15% di fatturato. L'impatto ci sarà, secondo Nomisma, pure per il mercato immobiliare con un calo dei prezzi nel 2020 del 2,6% nell'abitativo e di oltre il 3% per direzionale e commerciale. Infine, se le persone possono rimanere a lavorare nelle loro regioni di residenza quel flusso di giovani anche qualificati che dal Sud si trasferivano al Nord si riduce di molto, è il fenomeno del South Working che oltre ad incidere sui bilanci di treni compagnie aeree, lo fa anche sul mercato degli affitti. Con l'eccezione di Milano che è riuscita a contenere i cali, nelle altre grandi città dice immobiliare.it, la domanda è scesa in sei mesi del 13,2%.