Il ministro dell'economia Roberto Gualtieri ha annunciato una proroga delle procedure semplificate per lo smart working anche nel settore privato. Per i dipendenti pubblici la proroga era già stata sancita dal decreto rilancio e stabilisce che il 50% dei dipendenti pubblici che lo può fare, lavorerà da casa fino a dicembre 2020. I quasi due milioni di italiani che durante l'emergenza covid hanno iniziato a lavorare in smart working, potranno continuare a farlo, alle stesse condizioni valide fino ad oggi senza bisogno ancora per qualche mese di particolari accordi tra azienda e lavoratore. Quello che abbiamo conosciuto nei mesi dell'emergenza sanitaria, più che uno smart working vero e proprio, è stato un lavoro di emergenza in cui non sono stati definiti per esempio gli orari di lavoro, quando un lavoratore abbia diritto a disconnettersi, né come debba essere valutata la sua produttività. Per capire quali siano i vantaggi e svantaggi di questa modalità di lavoro, dobbiamo riferirci a studi fatti prima del Covid sulla base di esperienze ben organizzate. Si parla di un incremento della produttività del 15%, una riduzione del tasso di assenteismo del 20% e di risparmio del 30% dei costi di gestione degli spazi fisici, ma per i lavoratori non è tutto oro quello che luccica. Secondo il rapporto Istat del 2020, il 40% di chi lavora da casa dichiara di essere stato contattato fuori dall'orario di lavoro da superiori o colleghi almeno tre volte nei due mesi precedenti e in più del 20% dei casi viene chiesto loro di dare risposta tempestiva, anche se fuori dall'orario di lavoro. C'è poi il tema delle ricadute economiche sulle attività commerciali. In questo periodo la chiusura di aziende e uffici ha pesato soprattutto su negozi, ristoranti e tassisti. Per i soli ristoranti, Confesercenti stima una perdita di 250 milioni di euro al mese e il 35% in meno degli incassi.