Durante i periodi di crisi il ruolo delle banche centrali diventa cruciale: ALla loro politica monetaria è affidato in parte il compito di riattivare l'economia. Da qui nasce la recente decisione della Federal Reserve americana. Una mossa che potenzialmente potrebbe significare che i tassi di interesse negli Stati Uniti rimarranno bassi per molti anni. La decisione riguarda l'inflazione, l'obiettivo della FED rimane quello di contenere il rialzo dei prezzi entro il 2%, ma potrà tollerare aumenti temporanei che poi siano compensati da periodi di bassa inflazione. In pratica i tassi potrebbero rimanere vicini allo zero, non solo per favorire la ripresa dell'economia che ha subito la maggiore contrazione dal 1947 e dell'occupazione, ma anche una volta che queste avranno ricominciato a crescere, anche se, ha avvertito il presidente Jerome Powell, la disoccupazione negli Stati Uniti potrebbe rimanere alta per almeno due anni, specialmente in alcuni settori più colpiti dalla pandemia che andranno sostenuti. Fino a oggi, invece, la politica della FED era di aumentare i tassi quando l'occupazione si avvicinava ai suoi massimi livelli per evitare un aumento dei prezzi. La decisione degli stati Uniti, però, potrebbe avere conseguenze per l'area euro. Al momento, infatti, le politiche della FED e della banca centrale europea sono allineate: i tassi sono ai minimi sia in Europa che negli Stati Uniti ed è prevedibile che non saranno toccati finché dura la crisi. Ma se una volta iniziata la ripresa la BCE dovesse alzare i tassi e la FED mantenerli bassi, il dollaro, è il timore sottolineato da molti analisti, si indebolirebbe rispetto all'euro, con possibili contraccolpi negativi sul nostro export verso gli Stati Uniti. In una fase in cui le esportazioni sono state estremamente rallentate dalla pandemia, il nostro commercio estero extra UE è ancora di quasi il 16% più basso rispetto a un anno fa, questo potrebbe affossare la ripresa degli scambi con uno dei nostri principali partner commerciali, verso il quale esportiamo merci per 45 miliardi e ne importiamo per meno di 20.