“Abbiamo iniziato raccogliendo nomi di siti web e a inserirli in una banca dati. Non pensavamo a internet come a un lavoro, ma come a un hobby. È nato così Yahoo ventuno anni fa, quando il web era roba da smanettoni, perlomeno in Italia. A raccontarlo uno dei fondatori, Jerry Yang, studente alla Stanford University, come David Filo. Insieme i due – era il 1994 – mettono in rete una lista dei loro siti preferiti. Il loro hobby piace ed è il loro sito in poco tempo a diventare uno dei preferiti del web. Yahoo, che vuol dire poco civile, rozzo, e suonava ai due nerd molto divertente, diventa un’azienda da milioni di dollari e per un’intera generazione, quella che alla fine degli anni Novanta aveva vent’anni, rappresenta la principale porta d’accesso alla rete. La società californiana supera la bolla di internet del 2000 ed è costretta a fronteggiare Google, che con il suo motore di ricerca che rende più facile scandagliare internet scala la classifica dei siti più visitati. Il colosso fondato per hobby è una multinazionale, con molteplici servizi, dall’e-mail alle notizie, passando per i blog e milioni di utenti registrati. Ma la concorrenza è spietata. Il ricco mercato pubblicitario fa gola a molti e la stella di Yahoo si offusca ancora di più quando irrompe Facebook. Una data di svolta è il 2008: Microsoft mette sul piatto più di quarantaquattro miliardi di dollari per comprare la società, che però rifiuta. Da lì a pochi mesi, Yang, ormai miliardario, come il suo socio, lascia il timone. Cambiano i manager e si susseguono i piani di ristrutturazione. Nel 2012 arriva Marissa Mayer. Le aspettative per l’ingegnere, con un passato in Google, ma le perdite continuano ad accumularsi, nonostante i drastici tagli del personale, che toccano anche la filiale italiana. Non resta che vendere. A luglio l’accordo da 4,8 miliardi di dollari per passare nelle mani del colosso delle telecomunicazioni Verizon, che adesso, dopo che tutto il mondo sa che milioni di dati di Yahoo sono stati violati, potrebbe chiedere uno sconto.