Non esistono parole per raccontare la storia di un bimbo che se n’è andato prima di compiere un anno, famoso della peggiore di notorietà in tutto il mondo, amato come solo due genitori possono e sanno, simbolo, suo malgrado, del meglio e del peggio di una società che davanti alla sua storia si è ritrovata davanti allo specchio della vita e della morte, della speranza del cuore, della ragione e della scienza, dell’altruismo più puro e di quello più problematico, della diplomazia mondiale e della società di sua maestà. Non esistono parole ma per la storia di Charlie Gard le parole vanno trovate. È la storia di un sogno che diventa realtà, di un primogenito sorridente, la storia di un incubo che diventa realtà, di una malattia degenerativa che è una condanna. E poi la lotta primordiale di due giovani genitori per dare una speranza al proprio bambino, lo scontro feroce e atroce con i medici che ci provano ma si devono arrendere all’unica realtà impossibile da accettare: non c’è nulla da fare. Lo scontro nelle aule di tribunale nel Regno Unito e in Europa, la solidarietà internazionale dei tantissimi dell’esercito di Charlie come di Papa Francesco e di Donald Trump. Il dolore sincero di tutti quelli che, anche in minima parte, questa storia l’hanno vissuta. Charlie è morto. Le macchine che lo tenevano in vita ora tacciono. “Il nostro piccolo meraviglioso bambino se n’è andato. Siamo così orgogliosi di te” è l’annuncio dei suoi genitori. Condoglianze arrivano dall’ospedale dove medici e infermiere fino all’ultimo gli sono stati affianco, da Theresa May che si dice profondamente rattristata e dal Pontefice: “Affido Charlie al Padre” scrive Bergoglio. “Prego per i genitori e per le persone che gli hanno voluto bene”.