La manovra a tenaglia si è conclusa. La prima fase dell’assedio di Mosul, al di là dei continui proclami delle autorità di Baghdad, si può dire davvero conclusa. La Hashd al-Shaabi, le milizie sciite sostenute dall’Iran, hanno infatti annunciato di aver preso totalmente il controllo della direttrice che da Mosul conduce a Tal Afar, una città a maggioranza sciita, che sorge a circa 80 chilometri a ovest e che ha un ruolo strategico cruciale, perché ha un importante aeroporto, ma soprattutto perché è lungo la direttrice per Raqqa, la principale enclave dell’Isis in Siria. L’autostrada principale era già stata interrotta a seguito dei raid della coalizione a guida americana. Ma la linea di rifornimenti, di mezzi, uomini e soldi, non si era mai completamente esaurita. Ora, con l’offensiva sciita, Tal Afar è caduta e l’azione può davvero entrare nella seconda fase: quella dell’ingresso in città. Le informazioni al riguardo sono naturalmente contraddittorie. Secondo informazioni verificate, le truppe regolari irachene sarebbero a 10 chilometri dal centro della città, anche se poi l’annuncio della caduta della porta occidentale di Mosul, risale ad almeno un paio di settimane fa. Quasi sicuramente stiamo assistendo a un’avanzata disordinata, un po’ a macchia di leopardo, anche perché le forze in campo sono, per semplificare, almeno tre: i peshmerga curdi, l’esercito regolare e, appunto, le milizie sciite, che non sono esattamente in rapporti cordiali. Per non trascurare poi i consulenti esterni, che affiancano i militari sul campo, dalle forze speciali americane ai Basiji iraniani, costretti a una difficile convivenza e collaborazione, dopo anni di guerra sotterranea. La guerra dell’informazione rende quindi ancora più difficile comprendere tutti gli sviluppi, e quindi un solo dato è chiaro: Mosul ancora non è caduta. Accadrà presto. Ma chissà che cosa significa.