L'America è il faro del mondo o per dirla citando Madeleine Albright "la nazione indispensabile". Soprattutto in un momento storico. A quel mondo e a quella nazione il 46esimo Presidente degli Stati Uniti parla dallo Studio Ovale a sottolineare la solennità del momento. "Siamo a un punto di svolta" esordisce Joe Biden per spiegare per quale motivo il paese è così impegnato, anche finanziariamente, a sostenere due cause apparentemente lontane. "Hamas e Putin sono minacce differenti" dice pacato ma fermo "che in comune hanno il voler distruggere completamente una democrazia vicina". Il Presidente si appresta quindi a chiedere al suo bizzoso e attualmente impantanato Congresso 14 miliardi in assistenza di emergenza per Israele e 60 per l'Ucraina. Lo definisce "un investimento intelligente che pagherà dividendi in sicurezza futura". Soprattutto però avverte che sarebbe molto peggio non farlo. "Quando i dittatori non pagano un prezzo per le loro aggressioni" spiega fra i colpetti di tosse "causano più caos. Se ci giriamo dall'altra parte succederà altrove nel mondo". Cita l'Indo-Pacifico dove incombono le mire espansionistiche della Cina. Ma punta il dito anche su Corea del Nord e Iran che armano la Russia. Assicura di non cercare di mandare truppe americane in combattimento. Ma non dice che non lo farà. E che è anche interesse degli Stati Uniti avere un Medio Oriente stabile, integrato e connesso. La battaglia di Biden è quindi sui valori: "gli Stati Uniti sono e sostengono libertà, indipendenza e autodeterminazione". Per questo, ricordando recenti episodi di violenze, scandisce: "rigettiamo ogni forma di odio, condanniamo l'antisemitismo e l'islamofobia. Siete tutti americani". E conclude con una promessa che è anche una minaccia: "mi rifiuto di lasciar vincere terroristi come Hamas e tiranni come Putin".