Cori, slogan, canti. Da una parte ci sono i manifestanti, dall'altra la polizia in tenuta antisommossa che blocca la strada e posiziona il filo spinato. Le vie di Yangon si presentano ancora una volta così: i balconi e le case continuano a popolarsi di palloncini e nastri rossi, colori simbolo della lega nazionale per la democrazia. Il dissenso degli abitanti viene messo in atto anche sbattendo pentole e coperchi e suonando i clacson delle automobili. "Abbasso la dittatura militare" gridano le persone per protestare contro il colpo di stato che ha rovesciato il Governo Aung San Suu Kyi arrestata il primo febbraio. Nella città più grande del Myanmar anche centinaia di studenti e professori si sono riuniti per manifestare in modo pacifico. In tutto il Paese è stato imposto dai militari il blocco di internet. Molti siti sono stati oscurati perché gli attivisti stavano scambiandosi informazioni e commenti per dire no al colpo di stato dopo 10 anni di fragile democrazia. Nelle ultime ore circolavano molti hashtag che chiedevano la libertà per il Myanmar ma la disobbedienza civile sembra espandersi sempre di più. Nel frattempo però il giro di vite dei generali contro politici e critici della società civile non si ferma. Secondo l'associazione dei prigionieri politici almeno 150 persone sono state arrestate dopo il golpe, tra cui anche un professore australiano consigliere economico.