Ora che la Brexit è realtà e gli effetti cominciano a sentirsi sulla pelle delle persone, la situazione in Irlanda del Nord non può essere né minimizzata né tantomeno ignorata. In un clima di tensione crescente milizie paramilitari unioniste hanno scritto al primo ministro britannico, Boris Johnson, per comunicargli che non si riconoscono più, almeno temporaneamente, negli accordi di pace del venerdì Santo del 1998. Certo, spiegano che la loro è una campagna di dissenso pacifico contro le gravi disfunzioni doganali, ma il problema è ben aldilà ed è molto più profondo del rischio di vedere degli scaffali vuoti nei supermercati. Johnson è convinto che la situazione sia risolvibile con buona volontà e il buonsenso. Già. Intanto però la decisione unilaterale di Londra di prolungare di 6 mesi oltre la data concordata del primo aprile, il cosiddetto stato di grazia, nessun controllo per le merci dirette dalla Gran Bretagna all'Irlanda del Nord ha irritato fortemente Bruxelles. E se il vicepresidente della commissione europea, Maros Sefcovic incaricato di curare le relazioni con Regno Unito si dice fortemente preoccupato per la situazione, più duro è il ministro degli esteri della Repubblica irlandese Simon Coveney che dice chiaramente l'UE di certe persone non si può fidare, e il voto del Parlamento europeo sulla Brexit slitta a data da destinarsi.