Brexit, Johnson vuole elezioni ma "perde" il fratello Jo

05 set 2019
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L'ufficialità arriverà soltanto lunedì, ma dubbi non ce ne sono: per la terza volta in meno di cinque anni il Regno Unito andrà alle urne. Elezioni anticipate per tentare di guarire così la paralisi di Westminster. L'unico dubbio a questo punto è quando gli elettori britannici saranno chiamati a esprimersi; se prima, come vorrebbe il Governo, che punta al 15 ottobre, o dopo, come chiedono in molti nelle opposizioni, il famigerato 31 ottobre, Brexit day nella teoria, se non nella pratica. Boris Johnson, fresco di tre sconfitte parlamentari nei primi tre voti da Premier, a quella giornata vuole arrivare o con il mandato popolare a uscire dall'Unione europea, anche senza accordo, o da semplice deputato. “Preferisco essere morto che chiedere un rinvio”, sbotta dallo Yorkshire, appuntamento che sa tanto di campagna elettorale. Non a caso in una circoscrizione laburista, ma profondamente Brexit. Da parte sua il resto della Camera dei Comuni e soprattutto il partito di Jeremy Corbyn è, tanto per variare, spaccato tra chi vuole raccogliere la sfida e chi invece vuole prima assicurarsi un rinvio, e solo dopo tornare al voto, il che fa gioco a Johnson, che può attaccare, e, attaccando, distrarre da quell'accordo che non c'è. Il rifiuto di Corbyn di andare alle urne, dice, è un insulto codardo alla democrazia. Il nodo comunque si dovrebbe sciogliere lunedì prossimo, quando il Parlamento, dopo aver dato il via libera alla legge anti no-deal, dovrebbe approvare la richiesta di tornare al voto. Urne che, a prescindere dalla data, sembrano davvero l'ultima spiaggia. La Brexit ha cannibalizzato Downing Street e Westminster, il Paese è sempre più spaccato, così come sono spaccate le famiglie e i partiti. Così proprio i Johnson diventano il simbolo del momento. Con Boris, volto del referendum e ora Premier, e suo fratello Jo, che si dimette da Sottosegretario e da deputato. “Sono lacerato, scrive, tra la lealtà familiare e l'interesse nazionale”. Abbandonato dal fratello, il Primo Ministro può contare però sugli amici. Arriva a Londra il Vicepresidente americano Mike Pence, che ribadisse il sostegno di Washington e assicura: “Siamo pronti a negoziare immediatamente un accordo di libero scambio”, ma oggi non basta a far tornare il sorriso.

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