Forse per Charlie uno spiraglio c’è, magari solo per qualche settimana o per qualche mese ma il protocollo sperimentale a cui ha lavorato un team internazionale coordinato dal Bambino Gesù di Roma apre alla speranza. Trattamento in virtù del quale l’ospedale londinese, dove è ricoverato il piccolo, ha chiesto all’Alta Corte inglese una nuova udienza. È giusto tentare, dicono i medici britannici, dopo che due ospedali internazionali ci hanno comunicato nelle ultime 24 ore di avere nuovi dati a proposito del trattamento sperimentale da essi proposto. Una decisione presa assieme ai genitori del bambino che, almeno per ora, blocca la corsa all’interruzione del sostegno fornito dalle macchine che lo tengono in vita. I ricercatori dell’ospedale vaticano propongono una terapia a base di molecole simili ai mattoni del DNA. Nel documento si dimostra, sulla base di studi già comparsi su riviste scientifiche e di dati ancora non pubblicati, che queste molecole sarebbero in grado di superare la barriera ematoencefalica, quella che separa i vasi sanguigni dal cervello, quindi di avere effetto sull’encefalopatia che ha colpito il piccolo. Una terapia che richiederebbe ulteriori approfondimenti ma nel caso di Charlie non c’è tempo sufficiente per svolgere i nuovi studi. Le probabilità di successo di un trattamento sperimentale sarebbero attorno al 10%, dice Connie, la mamma del piccolo, poco in termini assoluti anche perché non è chiaro in che cosa e in quale qualità di vita si tradurrebbe un eventuale buon esito della terapia ma molto, anzi moltissimo, di fronte a una morte annunciata per decreto. La sorte di Charlie, undici mesi appena, lunedì prossimo tornerà nuovamente nelle mani del giudice Nicholas Francis.