Mai così tanti contagi dall'inizio della pandemia. Così gli oltre 31 mila casi registrati in Cina in queste ore, fanno ripiombare il Paese nell'incubo Covid. Sono numeri contenuti, se paragonati a quelli di altri Paesi, ma non per il Governo che ha scelto la politica della tolleranza zero, basata su lockdown, test di massa e quarantena. Ma il dato supera il livello raggiunto nel pieno dei focolai che bloccarono Shanghai per 2 mesi, nei giorni cupi di Juan e dunque in lockdown ora va anche Jingzu, la città nota come la fabbrica dell'iPhone. Una decisione che alimenta le violente proteste che da giorni continuano al mega impianto dove si assemblano gli smartphone di Apple. Qui alla Foxconn molti lavoratori dopo la notizia di alcuni contagi sono stati costretti a rimanere chiusi nella fabbrica, dove stavano lavorando. Ad altri per settimane è stato impedito di uscire di casa anche se non presentavano sintomi, un incubo per tutti. Basta anche la segnalazione di pochi positivi all'interno, per scatenare una fuga di massa che sfonda i cancelli. Una rivolta nata dall'esasperazione e dalla privazione della libertà, ma anche dal mal contento per il mancato pagamento degli stipendi e dei bonus per i salari bassi e per le condizioni estreme di vita in fabbrica. Ora Foxconn si scusa e parla di errori nella contabilizzazione informatica, ma la protesta continua, raccontata da numerosi video che mostrano dipendenti mentre distruggono telecamere di sorveglianza e finestre dell'edificio. Mentre altri nei dintorni dello stabilimento mettono in atto scene di dissenso, inedite, per un paese come la Cina.