Dopo poco più di un anno e mezzo l'Olanda si ritrova a dover pensare a nuove elezioni. Ad ammetterlo è lo stesso premier Rutte che spiega che consegnerà le sue dimissioni al Re e che il prossimo step sarà quello delle urne. La coalizione che sosteneva il governo si è spaccata, dice lui stesso, sulle nuove norme in materia di immigrazione e asilo. Anche uno dei primi ministri più longevi d'Europa, come d'altronde si può definire Mark Rutte al suo quarto mandato, è stato quindi travolto dalla questione migratoria, su cui non è riuscito a mettere d'accordo i partiti della maggioranza. Anzi, si sono fatti ancora più evidenti le spaccature tra le due frange del governo. Da una parte c'era il Partito Popolare per la Libertà e Democrazia del premier, insieme ai Cristiano Democratici che spingevano per una limitazione del ricongiungimento familiare, e dall'altra invece liberali di D66 e calvinisti dell'Unione Cristiana che chiedevano più flessibilità. E poi si trattava di un governo che già era nato tra molte difficoltà, 271 giorni di trattative. Ma alla fine Rutte era riuscito a convincere tutti e a diventare premier per la quarta volta dal 2010. In questo caso non è stato abbastanza convincente.