Attacchi sempre più frequenti, più potenti, più sofisticati. E per gli esperti del settore non ci sono dubbi: la situazione andrà peggiorando per numero e tipo, durata e complessità. E sotto i riflettori c’è il numero crescente di apparecchi connessi ad internet, tutti potenziali cavalli di Troia. Il giorno dopo le tre ondate di aggressioni che, partendo dalla costa orientale degli Stati Uniti, hanno reso quasi impossibile la navigazione sui principali siti di informazione e commerciali in tutto il Paese, il verdetto è ancora sospeso. Ma l’FBI e l’Homeland Security indagano su possibili coinvolgimenti di altri paesi e sospendono il giudizio sulla rivendicazione del giorno, quella di WikiLeaks. È con un tweet che l’organizzazione di Julian Assange si prende oneri e onori. E ai suoi sostenitori scrive: “Ora fermatevi: avete dimostrato di cosa siete capaci”. Una rivendicazione, di fatto, che i federali stanno ancora valutando, ma che potrebbe trovare un movente nella tempistica, ovvero potrebbe essere la reazione a quelle pressioni effettuate dall’Amministrazione Obama sul Governo dell’Ecuador, affinché rendesse difficoltoso l’accesso a internet al suo ospite più famoso. D’altra parte, che la campagna elettorale a stelle e strisce passi ormai anche per l’ambasciata dove Assange ha trovato riparo appare assodato. Tanto che sempre via Twitter, Wikileaks scandisce: “È davvero necessario ribadire che criticare la Clinton non significa sostenere Trump?”. Per poi avvisare: “L’Amministrazione Obama non avrebbe dovuto tentare di abusare dei suoi strumenti per fermare le critiche nei confronti del candidato del suo partito”, come se fosse in atto una vendetta, ma tutta ancora da verificare.