Come lui nessuno mai. Mai nella storia degli Stati Uniti, prima di Donald Trump, un ex presidente era stato incriminato per un reato federale. Il dipartimento di giustizia, che aveva nominato un procuratore indipendente per supervisionare le delicate indagini su quello che è anche il principale candidato repubblicano alle prossime elezioni, accusa Trump di sette diversi capi di imputazione in violazione della legge contro lo spionaggio, per l'illegale detenzione degli oltre 100 documenti classificati faticosamente recuperati dopo mesi di tira e molla nella sua villa in Florida lo scorso anno. Le accuse vanno dal possesso di materiale secretato sulla difesa nazionale all'ostruzione alla giustizia, fino alla cospirazione. Il che lascia intendere il coinvolgimento di altre persone e la consapevolezza che quei documenti non fossero stati affatto, come l'ex presidente ha sempre fantasiosamente provato a sostenere, declassificati in qualche modo. Il processo sarà celebrato da un gran giurì nella corte federale di Miami, dove Trump dovrà comparire entro le 15 di martedì prossimo, come ha rivelato nella notte egli stesso sul suo social media personale, professando la propria innocenza, ripetendo che le elezioni gli sono state rubate e accusando il presidente Biden e i democratici di politicizzare la giustizia. Per Trump è la seconda incriminazione dopo che tre mesi fa, nella corte statale di New York, era stato accusato di aver falsificato i bilanci delle sue società per nascondere il pagamento in nero a una pornostar che minacciava di rivelare la loro relazione extraconiugale durante la sua prima campagna presidenziale. Il processo inizierà a marzo. Oltre a questa il miliardario newyorkese è oggetto di altre due investigazioni criminali. Quella sul suo ruolo nell'attacco al Campidoglio, sulla quale indaga lo stesso procuratore del caso dei documenti top secret, e una in Georgia per il tentativo di corrompere il segretario di stato affinché gli trovasse voti che non aveva per restare alla Casa Bianca.