Bisogna essere stati vivi in quel periodo per comprendere la reazione dell’intera nazione a quell’impresa. È lo scrittore Tom Wolfe a indicare la dimensione del lutto che ha colpito gli Stati Uniti con la morte di John Glenn, primo statunitense in orbita intorno alla Terra. Ex marine, pilota di caccia dopo Pearl Harbor, da collaudatore firma record di velocità a ripetizione. Nel 1960, in piena guerra fredda, viene scelto per il programma Mercury Seven, risposta americana al programma spaziale sovietico e a Yuri Gagarin, primo astronauta in orbita della storia. Il lancio avviene il 20 febbraio 1962. Glenn e i suoi sei compagni compiono tre orbite intorno alla Terra, rimanendo nello spazio per 4 ore e 55 minuti. “Da quassù la vista è meravigliosa”, esclama Glenn con la voce rotta dalla commozione, mentre nel centro spaziale della NASA lacrime e champagne davano il senso dell’impresa. Per gli Stati Uniti era una questione d’onore e l’onore era salvo anche grazie a John Glenn. Ultimo eroe nazionale, ultimo dei fantastici sette ad andarsene; simbolo di un’era, sogno di un’intera generazione. Fu senatore per lo Stato dell’Ohio per ben 24 anni, ma la sua passione per lo spazio lo portò di nuovo in orbita nel 1998, a 77 anni, a bordo dello Shuttle Discovery, firmando il primato di uomo più anziano nello spazio. John Glenn si è spento a 95 anni al James Hospital di Columbus, dove era ricoverato da una settimana dopo problemi cardiaci e un ictus. Morte ordinaria di un uomo straordinario.