Se l'elezione di Israele doveva essere un referendum pro o contro Netanyahu, la risposta arrivata dalle urne invece è stata piuttosto ambigua. Un ni che sicuramente ha deluso il Premier perché sul tavolo c'è una domanda chiara. Le inchieste giudiziarie che vedono il capo del governo israeliano imputato per corruzione sono più importanti dei risultati della lotta al covid? Perché sulle prime le inchieste sembrano puntare verso la colpevolezza. La gestione dell'emergenza virus ha visto lo stato ebraico leader mondiale. La foto che viene restituita dalle urne è di un Paese che dà una fiducia relativa all'attuale capo del Governo, è il primo partito del Paese, ma non ha la maggioranza alla Knesset e qui si aprono scenari sul da farsi. A sentire lui, il vincitore Bibi, il più longevo premier di Israele non c'è alcuna difficoltà ad andare alle urne per la quinta volta. Per il Paese forse sì. La maggioranza possibile con l'estrema destra, Amina di Naftali Bennett, il partito dei coloni, che però ha dichiarato di non volersi alleare con Netanyahu. Che sia un no irremovibile sono in pochi a crederlo, ma l'incompatibilità tra i due leader è reale e per quanto venga considerata l'unica vera soluzione possibile perché il premier attuale raggiunga i fatidici 60 seggi che segna la maggioranza, in astratto, e forse neanche troppo, si aprono anche altre possibilità fino ad ora considerate inesplorate. In effetti un altro modo ci sarebbe con il sostegno del partito arabo conservatore Raam che provocando liti furibonde all'interno della comunità degli arabi israeliani si è detto disponibile al dialogo anche con Likud. L'ipotesi non è stata scartata del tutto dal partito del premier, nonostante all'interno sono in molti a dirsi infastiditi anche solo dall'idea.