La Serbia alle urne per presidenziali, politiche e amministrative, con il presidente uscente Vucic che cerca la riconferma alla guida del Paese e pure nelle scelte internazionali. Belgrado, pur ribadendo l'impegno ad aderire all'Unione Europea, rimane strettamente legata alla Russia, per rapporti storici e vincoli economici, e si è chiamata fuori dalle sanzioni contro Mosca. Scelta che se all'estero rende la Serbia un'osservata speciale, nella capitale viene vissuta come legittima anche dagli elettori più giovani come Jana che è una laureata in storia dell'arte e Misha, impiegato in un centro di scommesse. "Il buon rapporto che abbiamo con la Russia, non è collegato ai bombardamenti in Ucraina, che sono una tragedia come è stata la nostra guerra". "Non abbiamo attuato sanzioni contro la Russia, perché abbiamo un buon rapporto politico, storico ed economico. E per noi si deve mantenere". Anzi, le tensioni e le preoccupazioni che la guerra in Ucraina ha proiettato sui Balcani, hanno portato Vucic ad ergersi come il garante della stabilità, come ci ha detto il direttore della missione locale degli osservatori elettorali. "A un certo punto della campagna elettorale, le persone si sono disinteressate delle altre tematiche, e hanno iniziato a chiedersi: e se finisse il cibo? E se finisse il gas? E se le conseguenze della guerra arrivassero in Serbia?". E infatti, lo slogan della campagna elettorale di Vucic, è diventato: pace, stabilità e Vucic, con il nome dello stesso presidente a garanzia degli impegni presi. Per questo, poche chance per l'opposizione che è troppo variegata e troppo frammentata. Si va dai nostalgici di Milosevic a una formazione ecologista, che tenta di entrare per la prima volta in Parlamento.