Francia, parte la corsa all'Eliseo con dibattito tv

21 mar 2017
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Inedito per la corsa all’Eliseo, ma il primo dei tre dibattiti tra i candidati alle presidenziali francesi si è aperto con una critica alla Tv organizzatrice. Per sorteggio, ad aprire il confronto è il repubblicano neogollista François Fillon, che ha subito sollevato critiche sulla democraticità del programma Tv, visto che a confrontarsi sui grandi temi della società francese sono stati in cinque e non undici, quanti sono effettivamente i candidati per la corsa alla Presidenza. Un dibattito che è partito in sordina e si è surriscaldato dopo un’ora delle tre trasmesse e, come era prevedibile, sui temi della sicurezza, l’immigrazione, la laicità dello Stato e il lavoro. Marine Le Pen, leader del Front National, con il suo 26 per cento di preferenze nei sondaggi, cavalca con destrezza i cavalli di battaglia della destra populista e non delude il suo elettorato. Mai in difficoltà nella scelta di una dialettica estrema. Per esempio, fermare l’immigrazione legale e illegale con un taglio netto delle sovvenzioni e degli aiuti, come l’assistenza medica pubblica. Questa è la sua ricetta. Ma nei riscontri sulla verità delle sue affermazioni in diretta sui più autorevoli quotidiani francesi, come Le Monde e Le Figaro, risulta il candidato che ha detto più falsità. A fronteggiarla la grande novità politica di questa campagna elettorale, al 26 per cento delle preferenze nei sondaggi, il leader e fondatore di En Marche! (Associazione per il rinnovamento e la modernizzazione della politica), Emmanuel Macron, classe ’77, si trova a fronteggiare le aggressioni della Le Pen sul burqa, ma non solo, anche le stoccate sull’economia dell’altro candidato Benoît Hamon, socialista, ex compagno di partito. Macron entra nel vivo della questione lavoro e con una formula dalle radici socialiste, ma con grande apertura al mercato. Propone una rimodulazione della legge sulle trentacinque ore settimanali e accordi diversi in base ai settori dell’economia. Una ricetta che introduce maggiore flessibilità e una riduzione del 25 per cento del costo del lavoro per le imprese. Diametralmente opposta a quella di Jean-Luc Mélenchon, che punta ad aumentare il potere d’acquisto aumentando i salari, un tema che certo farà discutere molto i francesi.

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