Le conseguenze, anche sul piano diplomatico, alla scelta degli Stati Uniti di spostare la sede dell’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme non si sono fatte attendere. L’incontro previsto a Betlemme tra il Presidente dell’Autorità nazionale palestinese Abu Mazen e il Vicepresidente degli Stati Uniti Mike Pence, durante la visita di quest’ultimo nei giorni prossimi nella regione, è saltato. A sostenerlo sono fonti vicine allo stesso Abu Mazen, che hanno anche precisato come la decisione sia stata presa dalla leadership palestinese in segno di protesta. Una protesta che va avanti anche a suon di pietre, lacrimogeni e granate assordanti per le strade di diverse città della Cisgiordania. A Bethel, a nord di Ramallah, Hebron e Betlemme. A Gerusalemme est la polizia israeliana è ricorsa anche all’utilizzo di agenti a cavallo per disperdere le manifestazioni di protesta. Israele ha compiuto nuovi raid su Gaza in risposta al lancio di tre razzi eseguito nella giornata di venerdì da Hamas, che controlla la Striscia e che ha chiamato i palestinesi all’intifada. Due miliziani sono rimasti uccisi, così come altri due palestinesi sono morti nei violenti scontri del cosiddetto “venerdì della rabbia”. La scelta operata dal Presidente americano Donald Trump ha suscitato forti perplessità anche tra gli alleati ed è stata condannata all’ONU, dove si è tenuto un Consiglio di sicurezza straordinario. Gli ambasciatori di Italia, Germania, Francia, Gran Bretagna e Svezia hanno avvertito che la decisione americana non è in linea con le risoluzioni del Consiglio di sicurezza e non è di aiuto alla prospettiva per la pace nella regione.