Compie 30 anni Patrick Zaki, dal 7 febbraio del 2020 detenuto nella prigione egiziana di Tora. Arrestato in circostanze poco chiare all'aeroporto del Cairo, con l'accusa di propaganda sovversiva su internet. Stava rientrando dall'Italia, dove frequentava il master in Studi di Genere, presso l'Università di Bologna. All'inizio di giugno il tribunale egiziano, in assenza di avvocati e osservatori internazionali, ha prolungato la custodia in carcere di altri 45 giorni. Secondo compleanno in cella e si moltiplicano le manifestazioni di solidarietà nei suoi confronti. Appelli finora ignorati. Lui è rinchiuso senza processo e senza possibilità di difendersi. Secondo Amnesty International rischia fino a 25 anni di carcere. Ringrazia, con una lettera inviata alla sorella, l'Italia. Non si dimentica di lui Bologna, che lo scorso 11 gennaio gli ha conferito la cittadinanza onoraria e continua a chiederne la liberazione. Lo ricorda con la mostra dal titolo "Patrick patrimonio dell'umanità". Una lunga sfilata di striscioni, dedicati alle storie di prigionieri di coscienza. Ma è dal mondo politico che arriva la richiesta di un segnale chiaro. Il Segretario del PD Letta chiede al Governo italiano di applicare l'indicazione del Parlamento e dargli la cittadinanza. Secondo il Movimento 5 Stelle, che sprona il coinvolgimento dell'Europa e dell'ONU, la situazione di Zaki è uno schiaffo allo stato del diritto. Vittima di un processo farsa, dove l'unica sua colpa è di essersi attivato per i diritti umani in Egitto. Zaki, prima di arrivare per studio in Italia, sosteneva attivamente un'associazione per la difesa dei diritti umani al Cairo.