La guerra, mietitrice di vite e di città, ma anche letteralmente di campi. Quello che, infatti, gli agricoltori non riescono a salvare viene divorato dal fuoco dei bombardamenti. In Ucraina, a Mykloiav, questi uomini tentano di sottrarre alle fiamme, assieme ai vigili del fuoco, il grano che brucia dopo la caduta di una bomba. E dove il grano non brucia rischia comunque di morire, nei silos che immagazzinano tonnellate di raccolti che non possono salpare. Mykola Tereshchenko è un agricoltore del Nord e, come altri colleghi, vorrebbe iniziare ad arare i suoi campi, ma non ha più posto dove immagazzinare il grano. Milioni di tonnellate di grano, infatti, sono ancora bloccate e accumulate nelle fattorie, in attesa di essere esportate all'estero. Mentre i contadini perdono la motivazione e la speranza, non sapendo dove trovare i soldi per portare avanti le imprese agricole e non avendo nemmeno la certezza di sopravvivere. La speranza ora è tutta nelle mani della diplomazia, dopo il piano annunciato dalla Turchia per la creazione di corridoi sicuri che permettano la ripresa delle esportazioni. Il piano dovrebbe prevedere dei posti di blocco e un centro di coordinamento a Istanbul guidato dall'ONU. Corridoi che potrebbero mitigare così il problema della crisi alimentare che ha colpito l'Africa e il Medioriente, regioni in cui l'assenza di grano ucraino rischia di esasperare la fame e la migrazione di massa su una scala senza precedenti. Allora forse i contadini potrebbero, nonostante le bombe, ricominciare a lavorare e a vivere.