Le parole del Presidente turco Recep Tayyp Erdogan, pronunciate all'assemblea del suo partito ad Ankara, sono innanzitutto la conferma che ad Astana, l'incontro tra Putin e il collega turco non aveva come scopo una mediazione tra Kiev e Mosca ma un accordo economico su uno dei dossier più scottanti: le forniture di gas. La soluzione individuata dai due è per certi versi l'"uovo di Colombo". Grazie alla sua posizione geografica che la colloca esattamente a metà tra la Russia e l'Europa, la Turchia è perfetta per ricevere il gas dalla Russia e non solo. Diventerebbe così il vero rubinetto del Vecchio Continente. Affacciata sul Mar Nero con un peso crescente sul Mediterraneo, e molti Paesi del Nord Africa, in primis la Libia, è la destinazione di diversi gasdotti tra cui il Turkstream, il Blustream direttamente dalla Russia oltre che dal Trans Kaukasien dall'Azerbaijan e quelli dall'Iran e dall'Iraq. Avrebbe accesso così al 73% delle riserve di gas e petrolio mondiali. Verrebbero bypassati tutti i passaggi critici, nessuno attraversa l'Ucraina. Politicamente la Turchia, membro della NATO, e con un piede in Europa, fornitrice di Droni a Kiev ma con una linea diretta col Cremlino, si troverebbe in una posizione di enorme vantaggio politico ed economico, oltre ad ottenere un sostanziale via libera alla persecuzione dei Curdi Siriani. Tutto perfetto, ma per Ankara. Per l'Europa forse un po' meno e però le sirene potrebbero irretire anche il Vecchio Continente che per sostituire le importazioni di gas russo ha puntato forte sul gas GNL proveniente dagli Stati Uniti, a carissimo prezzo però. Oggi le importazioni dalle coste statunitensi hanno superato per la prima volta quelle provenienti dalla Russia ma il prezzo da 5,4 dollari per millepiedi cubi, è passato a 14,3. In America il costo è ancora stabile a 6 dollari e molti malumori crescono a Bruxelles verso gli alleati a stelle e strisce tanto più che ad Amsterdam le quotazioni del gas sono decisamente al ribasso.























