I Clinton, la storia di Hillary e Bill

27 lug 2016
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Se è vera la regola del grande uomo reso tale da una grande donna al suo fianco, in questa storia vale anche il contrario. Lei la testa, lui il cuore. Lei la visione, lui l’empatia, quella che a volte in politica serve più del resto, perché trascina gli elettori. Lei Mister President quando il Commander in chief era lui. Lui First Husband, se sarà lei da novembre a guidare gli Stati Uniti. Hillary e Bill, insomma, ma anche Bill e Hillary: “Billary”, come per anni li hanno chiamati i loro oppositori. Un sodalizio nato tra i banchi della Facoltà di legge dell’Università di Yale e passato per l’Arkansas, la Casa Bianca, lo scandalo immobiliare Whitewater, Monica Lewinsky, l’Emailgate, il tramonto di lui, l’ascesa di lei, eletta due volte senatrice di New York, Segretario di Stato della prima Amministrazione Obama e già candidata alle presidenziali del 2008. “Vi sto offrendo due Presidenze al prezzo di una” disse Bill. Era il 1992. Lui correva per la Casa Bianca e mai offerta fu più reale di questa. Ed ecco che lei, oggi, a distanza di quattordici anni, gli restituisce il favore. Sarà Bill – ha promesso in Kentucky durante le primarie – a rivitalizzare l’economia, perché lui sa come farlo. Lui, terzo Presidente più giovane di sempre nell’era dei “baby boomer”, già “boy Governor” dell’Arkansas, a 32 anni. L’America l’ha di fatto traghettata nel suo più lungo periodo di pace militare ed espansione economica della sua storia. Dietro c’era sempre Hillary, in quegli anni come quelli in Arkansas, nella riforma del sistema scolastico, per molti uno dei più grandi successi di Bill, come nei punti cardine dell’agenda del marito, primo fra tutti quella riforma sanitaria da lei disegnata e che non vide però mai la luce. Cuore e testa, dicevamo. Mai persa, neppure negli anni del “I did not have sexual relations with that woman”. Una cospirazione della destra americana, così lei liquidò la questione, guardando avanti e guadagnandosi l’etichetta di donna disposta a mentire nel nome del potere. Adesso tocca a lui restituirle il favore, forte della sua esperienza e del suo pragmatismo, che lo portò un giorno ad affermare: “amavo la musica e pensavo di poter raggiungere ottimi risultati, ma sapevo che non sarei mai diventato John Coltrane; sapevo però che sarei potuto essere grande in politica”. E lo è stato, se è vero come è vero che la porta della Casa Bianca l’ha chiusa dietro di sé con il più alto indice di gradimento mai ottenuto nel Paese da un Presidente dopo la seconda guerra mondiale. Questo dovrebbe trasferire alla moglie. Lei la testa, lui il cuore.

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