Pennsylvania, sconfitta di Hillary anche per colpa di Obama

14 nov 2016
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Normalmente Bell Pepper scende in campo per terremoti, attentati, sparatorie. È un therapy-dog: di lavoro si fa abbracciare e coccolare, così aiuta le comunità colpite da un trauma. Questa volta il trauma è tutto e solo elettorale. Eppure, Cristina non ha dubbi: “Vogliamo distribuire felicità – ci dice, mentre regala fiori – perché temo che ci aspettino tempi difficili, con molte sfide. È stata una settimana tosta, a prescindere da come tu abbia votato”. Negli Stati Uniti in generale e in Pennsylvania in particolare: questo è lo stato che ha consegnato la Casa Bianca a Donald Trump, stato di carbone e acciaio, colpiti dalla crisi. A Bethlehem aveva sede una delle acciaierie più importanti del paese: è finita in bancarotta. Questa contea è democratica, ma ha votato repubblicano. A Hillary Clinton gli elettori hanno voltato le spalle. “Hanno votato Obama per il cambiamento, ma di quel cambiamento l’americano medio non ha beneficiato”. Bruce Haines, anche lui per anni nell’acciaio e ora proprietario dell’albergo cuore della cittadina e meta di tour elettorali, non ha dubbi: “Trump ha saputo leggere il cuore e le paure della middle class tra delocalizzazioni e nuovi posti di lavoro con stipendi più bassi. I costi della riforma sanitaria hanno fatto il resto”. “È stata molto dura – dice – sia per noi imprenditori che per i nostri lavoratori”. Justin, che fa il cuoco nel pub del paese, è d’accordo: “Obamacare – scandisce – è l’unico motivo per cui avrei votato Trump”. “È un problema per noi ed è un problema per tutti, soprattutto quando l’anno prossimo le polizze aumenteranno di più del 10 per cento”, ci dice Rich. Lui, indipendente, martedì scorso ha votato il repubblicano proprio per questo. “E perché – scandisce – Hillary è una traditrice e una bugiarda”. Un giudizio che non tutti condividono. Mentre quello sulla riforma sanitaria trova anche grandi sostenitori della democratica d’accordo, come Linda, che rischia di mettersi a piangere parlando del risultato elettorale, ma ammette: “La riforma va riscritta”. La bandiera di Barack, insomma, è diventata la lettera scarlatta di Hillary, che ha commesso, però, anche errori tutti suoi. “Si è fatto vedere pochissimo – sottolinea Joe, sandersiano della prima ora – e poi a molta gente il suo comportamento proprio non piace”. Il suo comportamento, il suo essere parte di Washington da trent’anni, e qui il messaggio del repubblicano è stato vincente: la sua avversione per il carbone in uno stato costellato da città fantasma, con la crisi della manifattura che ha colpito tutta la Roosevelts a fare da sfondo. Sanità, lavoro, carattere e passato di Hillary, tutto vero ma non solo. “Con Trump – ci dice ancora Bruce molto semplicemente – sentiamo che ci hanno restituito il nostro Paese.

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