La morsa che si chiude dall’esterno provoca risposte anche nel cuore dello stato islamico. Da Raqqua a Mosul, dalla Siria all’Iran, è in questa terra autoproclamata dagli jihadisti Califfato che si sta consumando l’agonia dell’Isis. Ed è proprio da Raqqa, capitale del Daesh, che arriva la notizia del tentativo di golpe contro il nuovo gruppo dirigente che dovrebbe fronteggiare l’offensiva finale del regime di Damasco, sostenuto da raid russi e dai vari eserciti presenti nell’area, dalla Turchia agli Stati Uniti. Un golpe che sarebbe stato ordito per mere ragioni economiche causate dalla riduzione degli stipendi ai miliziani stranieri, distinguendoli dagli iracheni che costituiscono il cuore dell’Isis. I cospiratori sarebbero, infatti, un gruppo di tunisini conosciuti con il nome di migranti arabi, nome che indica chi combatte la Jihad in terra straniera. Il tentativo è fallito, ma è comunque significativo per comprendere l’attuale situazione all’interno del Califfato. Già lo scorso anno erano emerse notizie di un tentato golpe a Mosul, roccaforte dell’Isis nel nord dell’Iraq. Proprio da Mosul le forze antiterrorismo hanno annunciato di aver conquistato un altro quartiere occidentale della città, sottraendolo al controllo dello Stato islamico. Le forze speciali stanno cercando, insieme alla polizia, di liberare la zona antica di Mosul. I responsabili dell’antiterrorismo hanno assicurato che i governativi controllano ormai oltre un terzo della città, stimando che la liberazione di quest’ultima parte sarà più semplice rispetto a quanto accaduto per la zona est, che ha richiesto oltre cento giorni di intensi combattimenti. Aggiungendo, poi, che tutti i miliziani intrappolati saranno uccisi.