È arrivata la risposta israeliana all'attacco iraniano di sabato scorso. Andiamo a vedere sulle nostre mappe quello che è successo. Isfahan è il centro della nostra cartina, qui l'esplosione. Siamo a 300 km a sud della capitale Teheran. Perché è importante questa grande esplosione che c'è stata in una base aerea vicino a Isfahan? Perché è un segnale politico, un segnale politico importante, Israele sta dicendo: noi siamo in grado di colpire sul vostro territorio. Dice anche, in termini simbolici, che conoscono quello che accade nella provincia di Isfahan, una provincia che è nel centro dello Stato iraniano e che di fatto è il cuore del programma nucleare. Ci sono centri di arricchimento, di produzione, di ricerca, dunque, è un modo di dire che il prossimo colpo potrebbe arrivare proprio su questi siti. Che cosa è successo? Un raid con mini-droni su una base, una base aerea dove sono di istanza i vecchi F14 Tomcat degli aerei di Top Gun cosiddetti, cioè precedenti al '79, dei vecchi velivoli americani acquistati prima della rivoluzione. Ci sono però delle analogie, le vediamo, con quello che è accaduto sabato scorso alla base di Nevatim, lì l'attacco era stato nel deserto del Negev da parte dei droni, dei droni iraniani. Perché ci sono delle analogie? Non soltanto perché anche in quel caso simbolicamente in termini politici l'attacco era stato simile, nel senso c'è la capacità dell'Iran di attaccare il territorio il territorio israeliano e anche il fatto di sapere dove sono le basi aeree più importanti, la base Nevatim è la base da dove sono partiti gli F35 che hanno attaccato il Consolato iraniano di Damasco. Un aspetto, in qualche modo, rassicurante da un punto di vista militare: in tutti e due questi attacchi c'è la volontà di non avere danni collaterali. Sono due zone desertiche e non ci sono state vittime.