Buongiorno Afghanistan. La voce della speaker è aggraziata, si appresta a rispondere alle domande degli ascoltatori. "Ma sono filtrate?", chiediamo. "No", ci assicura Abdullah Waziri, direttore del media Killid Group, uno dei principali agglomerati mediatici dell'Afghanistan. Un gruppo che fino al 15 agosto 2021 aveva radio, giornali, riviste di ogni tipo, dallo sport a quelle femminili. E che oggi continua a vivere, nonostante tutto. Ma la realtà con cui si devono misurare i giornalisti afgani è durissima, perché l'arrivo degli studenti del Corano, ha cancellato quasi la possibilità di lavorare. Secondo i dati di Reporter Sans Frontieres, il 40% dei mezzi di informazione in Afghanistan, ha chiuso. E la stragrande maggioranza delle donne che operava nel settore ha perso il lavoro. Si parla di una stima pari all'80%. I 20 anni sotto la coalizione internazionale avevano portato a un'età dell'oro per l'informazione afgana. Ora sono tornati nel Medioevo. ... nonostante un linguaggio molto cauto, forse dovuto al suo ruolo, non nasconde le difficoltà. Per avere il polso reale della situazione, ci spostiamo nel cuore del quartiere di Shahre Naow, qui incontriamo ..., direttore dell' organizzazione che si occupa della tutela dei diritti dei giornalisti. È un uomo coraggioso, che ripete di non aver paura, di poterlo riprendere, perché il suo compito è difendere la libertà conquistata. Troviamo conferma alle parole di ... andando dal più importante canale all news dell'Afghanistan, Tolo News. Già solo l'accesso alla struttura è blindato come un compound militare. Segno delle pressioni, che chi lavora qui, deve affrontare. La presenza femminile è rimasta invariata e tra le giornaliste c'è anche Toba Walizada, che ha filmato, con molto coraggio, la manifestazione delle donne, finita in una sparatoria.