Jerome Powell, il duro, non ha alcuna intenzione di fermarsi. La Federal Reserve ha alzato, per l'ottava volta consecutiva nell'ultimo anno, i tassi di interesse stavolta limitando l'aumento a 25 punti base, invece dei precedenti 75 e portando il costo del denaro tra il 4,5 e il 4,75%, ai massimi da 15 anni e soprattutto, ben superiore allo zero di poco più di un anno fa. Ma la Banca Centrale americana, dice chiaro e tondo che prossimamente ci saranno altri incrementi. I prezzi in America rimangono troppo alti, avverte la FED e i futuri rialzi saranno appropriati a far tornare l'inflazione, attualmente al 6,5%, attorno all'obiettivo del 2. Il costo della vita è sceso dall'8% di qualche mese fa, ma ancora non abbastanza, quindi Powell intende continuare a pigiare sul pedale del freno, stando bene attento a non innestare una retromarcia dell'economia. I licenziamenti di alcune grandi corporation americane fanno più notizia che statistica, il mercato del lavoro americano corre, ma la crescita dei salari è sotto controllo e non spinge l'inflazione, ma l'aumento dei tassi ha un effetto immediato sulle spese delle famiglie indebitate: per le carte di credito, per i finanziamenti in genere, per i mutui raddoppiati negli ultimi due anni, quelli a tasso fisso. Tra i fattori che la FED valuterà per modulare i prossimi aumenti, ci sono le ricadute della guerra nel cuore dell'Europa. Contro l'inflazione, dice Powell, non abbiamo ancora vinto.