Dopo Londra Kiev è il posto del mondo dove le dimissioni di Boris Johnson hanno fatto più rumore, e così la crisi politica di un Paese non in guerra potrebbe avere conseguenze sul conflitto. Il Primo Ministro è stato tra i primi leader occidentali a volare in Ucraina prima e dopo l'invasione. Con il Presidente Zelenski più di una sintonia, un sodalizio. Il Governo ucraino gli tributa un ringraziamento per la vicinanza nei momenti difficili. A Kiev era diventato un idolo con il più alto tasso di gradimento tra i Capi di Stato stranieri, un vero amico, lo saluta Zelenski. La Russia di Putin invece festeggia per aver perso un avversario. A lui non piacciamo e lui non piace a noi, è l'omaggio involontario del portavoce del Cremlino Pescov. È stato il principale falco russofobo anche per il Presidente del Consiglio di Sicurezza Medvedev. Mosca si aspetta che la transizione a Downing Street indebolisca la coalizione pro Ucraina e augura la stessa sorte di Johnson ai vertici di Germania e repubbliche baltiche. Ma in una telefonata con Zelenski, il Primo Ministro dimissionario promette che il sostegno inglese non verrà meno. Johnson si è contrapposto anche alla Cina per i diritti umani violati dello Xinjiang e la difesa delle libertà di Hong Kong. La Brexit lo ha avvicinato alla Turchia e malgrado gli scandali è stato protagonista dei summit internazionali. In patria la Premier scozzese Sturgeon invoca le elezioni con vista su un nuovo referendum di indipendenza mentre a Dublino, e forse a Bruxelles, sperano che ora Londra rinunci a riscrivere gli accordi sull'Irlanda del Nord.























