E' la prima volta dalla fine della guerra civile nel 1990 che Beirut valuta concretamente un piano per il disarmo di Hezbollah, il potente movimento sciita sostenuto dall'Iran. E' vero, il via libera alla proposta americana non equivale all'adozione formale del piano, ma rappresenta un segnale chiaro di apertura, sebbene condizionato e probabilmente destinato a scontrarsi con forti resistenze politiche militari. La roadmap illustrata dall'inviato speciale di Donald Trump, Tom Barrack, prevede un processo in quattro fasi che include la cessazione delle operazioni militari israeliane, il ritiro dalle truppe da cinque postazioni nel sud del Libano e l'avvio della ricostruzione. In cambio, Hezbollah dovrebbe consegnare progressivamente le armi, inclusi missili e droni, sotto la supervisione dell'esercito libanese. Immediata la reazione di Hezbollah che respinge la proposta e parla di grave peccato da parte del governo di Beirut. Nonostante il cessato il fuoco mediato da Washington a novembre, Israele ha continuato a colpire obiettivi in Libano, ne è una riprova anche l'ultimo attacco sulla città di Masnaa al confine tra Libano e Siria e minaccia nuove operazioni se Hezbollah non verrà neutralizzato militarmente. La proposta americana, finora la più dettagliata, punta ad evitare una nuova guerra, ma il Libano si muove su un equilibrio fragile tra pressioni internazionali, crisi interna e una pace che resta appesa a un filo. . .























