Dalla Libia arrivano notizie di nuove tensioni, ma sono notizie confuse. Secondo un tweet di Al Arabiya, i ministeri della difesa, della giustizia e dell’economia a Tripoli sarebbero stati attaccati da gruppi di miliziani che ne avrebbero preso il controllo. Di mini golpe scrive anche un analista di France 24. I media locali parlano, poi, di pesanti scontri in corso nella capitale libica tra le forze che difendono il Governo di Al Sarraj, sostenuto dall’Onu e dalla comunità internazionale, e gruppi armati presumibilmente vicini a Khalifa Ghwell, ex premier del dissolto governo libico islamista di salvezza nazionale, esautorato dalle Nazioni Unite insieme con il generale Khalifa Haftar di Tobruk. Dall’esecutivo in carica arrivano notizie diverse. Si parla più che altro di azioni dimostrative. Anche il commento dell’ambasciatore italiano a Tripoli, insediatosi appena due giorni fa, tende a ridimensionare: “A me non risulta che ci siano stati scontri a Tripoli, ma solamente dei movimenti con una finalità, più che altro, mediatica. In realtà, il controllo della città resta nelle mani delle stesse forze che lo avevano prima. Ovviamente, la situazione della sicurezza a Tripoli è sempre molto frammentata, ma questo lo sapevamo”. Milizie, dimostrazioni di forza, colpi di coda. Tentativi falliti. Tutto questo dimostra quanto sia ancora instabile la situazione in Libia e quanto fragile sia la struttura delle Istituzioni a sei anni dallo scoppio della rivolta contro l’allora uomo forte Muammar Gheddafi. A Tripoli, in particolare, si muovono diverse fazioni, alcune legate ad Al Sarraj e altre a lui ostili. Tra queste, le milizie legate al generale Haftar, che vorrebbe per sé il ruolo di leader di un futuro esercito libico unificato, senza però sottostare al controllo politico. Il comandante ribelle è sempre più vicino a Mosca che, dopo aver consolidato la posizione del Presidente Assad in Siria, continua a lavorare per allargare la sua sfera di influenza in Medio Oriente.